Articolo scritto il 4 febbraio 2013 nella categoria E-business, Estero, Web | 1 Commento
Sulla carta, Frederic Larson è solo un punto-dati nei cinque anni di statistiche del governo degli Stati Uniti che mostrano la sottoccupazione in decine di industrie e una pesante stagnazione della crescita del reddito a tutti i livelli. Il sessantatreenne fotografo (con due figli al college) è stato licenziato dal San Francisco Chronicle nel 2009. Adesso passa il tempo insegnando all’Università dell’Accademia delle Arti e tenendo occasionalmente conferenze nelle Hawaii. Lontano dallo stipendio, i benefit e le auto aziendali a cui era abituato.
Ma Larson è anche un punto-dati di una rivoluzione economica che sta silenziosamente trasformando milioni di persone in imprenditori part-time e perturbando i vecchi concetti di consumo e proprietà. Dodici giorni al mese Larson affitta la sua casa di Marin County sul sito Airbnb per 100 dollari a notte, di cui 97 netti. Quattro sere a settimana trasforma la sua Prius in un taxi de-facto tramite il servizio di ride-sharing Lyft, intascando così altri 100 dollari a notte.
Non sarà affascinante – nelle notti in cui affitta la sua casa si trasferisce in una stanza da lui transennata, e usa la doccia della palestra – ma sfruttando i suoi beni principali trasformati in flussi di reddito senza soluzione di continuità, genera 3.000 dollari al mese. “Ho dei prodotti, che sono ciò che condivido: la mia Prius e la mia casa”, spiega Larson. “Queste sono le mie due fonti di reddito”. Ora sta cercando siti web che gli permettano di affittare parte della strumentazione della sua macchina fotografica.
La gig-economy (o freelance economy), la pletora di micro-lavori alimentati da mercati online che offrono e coprono una vasta serie di servizi retribuiti e lavori d’ufficio, è stata ben documentata, e siti come TaskRabbit, Exec e Mechanical Turk di Amazon continuano a crescere a ritmo sostenuto. Quello in cui si è trovato Larson, tuttavia, è qualcosa meno notato e potenzialmente molto più dirompente: un’economia di condivisione, in cui i proprietari di beni utilizzano “stanze di compensazione digitali” per sfruttare la capacità inutilizzata di prodotti che già possiedono, e i consumatori affittano da questi piuttosto che affittare o acquistare da un’azienda.
Mentre Airbnb è l’esempio più noto di questo fenomeno (per gli osservatori più casuali, è l’unico esempio), nel corso degli ultimi quattro anni sono nate almeno 100 società che offrono ai proprietari di decine di tipi di beni materiali un piccolo flusso di reddito da questi ultimi, senza la necessità di acquistare qualcosa d’altro. “La sharing economy è una vera e propria tendenza. Non credo sia un fenomeno minore”, il commento di Joe Kraus, un general partner di Google Ventures che ha supportato due siti di car-sharing, RelayRides e Sidecar. “Le persone si stanno davvero rivolgendo a questo per motivi economici, ambientali e di stile di vita. Rendendo il processo di affitto conveniente come la possessione stessa dei beni, le aziende stanno assistendo ad un grande cambiamento”.
Il concetto di condivisione ha creato dei mercati in attività che non sarebbero state considerate monetizzabili prima. Alcune decine di metri quadrati di una strada privata possono generare reddito attraverso Parking Panda. Una stanza di casa adatta ad ospitare animali diventa improvvisamente un attico per animali domestici con DogVacay. Su Rentoid, un amante delle attività all’aria aperta (ma alle prese con un nuovo nato) che si accorge improvvisamente che la sua tenda da campeggio andrà inutilizzata, la può affittare a 10 dollari al giorno a un “damerino” che altrimenti avrebbe dovuto acquistarne una nuova. Su SnapGoods, un trapano a riposo in garage può diventare una fonte di reddito da 10 dollari al giorno grazie a qualcuno che ne ha bisogno magari solo per aggiustare l’anta del suo armadio. Con Liquid, una bicicletta non utilizzata diventa, per un turista, un modo per andarsene in giro a buon mercato durante le sua visite cittadine, per 20 dollari al giorno.
Proprio come YouTube ha fatto alla TV e la blogosfera ai media tradizionali, la share economy fa saltare il modello industriale di società proprietarie e persone che consumano, e permette a tutti di essere consumatori e produttori, con il potenziale di rendita che questo prevede. Shervin Pishevar, un capitalista di ventura di Menlo Ventures e un investitore in Getaround, TaskRabbit, Uber e altre start-up di questo settore, ritiene che questi servizi avranno un forte impatto sull’economia delle città. “Questo trend è molto più grande di qualsiasi app particolare”, dice. “Si tratta di una svolta importante come l’avvento del browser“.
Forbes stima che le entrate che attraverso la share economy alimentano direttamente il portafoglio della gente supereranno i 3,5 miliardi di dollari quest’anno, con una crescita superiore al 25%. A questo tasso di crescita la condivisione peer-to-peer si sta trasformando da spinta al reddito in un mercato dei salari stagnante a una forza economica dirompente. La tecnologia è ampiamente migliorata riguardo gli annunci dei giornali, che hanno mediato per oltre un secolo la diffusione dei beni e servizi. Il sistema di rating di eBay più copiato conferisce credibilità commerciale agli individui. Con Facebook si può andare oltre, controllando il profilo delle persone prima di concedere loro un affitto. Le applicazioni per smartphone lasciano libere le persone di effettuare transazioni ovunque, controllare cosa altra gente condivide nelle vicinanze e pagare immediatamente. “Stiamo passando da un mondo organizzato intorno alla proprietà, ad uno organizzato intorno all’accesso alle risorse”, dice Lisa Gansky, che ha avviato il sito di condivisione di foto Ofoto, prima di venderlo nel 2001 alla Eastman Kodak.
Decine di startup che inseguono questo trend falliranno, in quanto mercati come questi dimostrano sempre che il “vincitore prende tutto”. I leader stanno, come previsto, assorbendo i colpi delle preoccupate autorità di regolamentazione e degli operatori storici. Airbnb sta lottando per dimostrare la sua legittimità a New York e San Francisco. I funzionari di New York stanno prendendo di mira gli affitti a breve termine – ma solo quando ricevono denunce. Nel 2012 in città ci sono state 828 ispezioni e sono state emesse 2.239 violazioni per affitti a breve termine. Quest’anno, le multe per i recidivi arrivano ad un massimo di 25.000 dollari. Lyft e SideCar, nel frattempo, sono stati citati di recente dalla Commissione dei Servizi Pubblici della California per il fatto di operare senza licenza. Le grandi questioni devono ancora essere elaborate riguardo a come questi servizi vadano tassati e se proteggono sufficientemente i clienti dal punto di vista delle responsabilità e delle frodi.
Ci stiamo accorgendo, in Italia, del cambiamento radicale che start-up come Airbnb stanno mettendo in atto?
Liberamente tradotto da forbes.com
Bello…..magari la tendenza porterà a dare meno valore alla proprietà.
….prova anche a dare uno sguardo a http://www.associazionenazionalebdt.it.
questo articolo me l’ha ricordata indirettamente. Il concetto è simile, ma meno impostato sul profitto