The Rum Diary

Articolo scritto il 14 giugno 2012 nella categoria Cinema, Informazione | icona Commenti 1 Commento

The Rum Diary

Dopo “Paura e delirio a Las Vegas”, Johnny Depp si presta nuovamente alla trasposizione cinematografica di un romanzo di  Hunter S. Thompson: “The Rum Diary”, scritto nel 1960 e pubblicato quasi quarant’anni più tardi, dopo ben sette rifiuti da parte di vari editori. L’autore realizzò il libro all’età di 22 anni con l’intento di “scrivere il grande romanzo portoricano”.

La storia di Thompson e l’attore americano è quella di una grande amicizia, iniziata nel 1994 e durata fino alla morte dello scrittore. Al suo funerale (2005) Depp esaudì l’ultimo desiderio dell’amico: sparare le sue ceneri nella stratosfera grazie a un mega-cannone fatto costruire per l’occasione, sulle note di “Tambourine Man” di Bob Dylan e “Spirit in the Sky” di Norman Greenbaum. Thompson voleva infatti che il suo funerale fosse un’occasione di celebrazione, vi hanno partecipato più di 200 persone tra amici e conoscenti, tra cui Sean Penn e Bill Murray.

Il film narra la storia di Paul Kemp, giornalista freelancer che da New York si trasferisce a Puerto Rico dove inzia a lavorare per il “San Juan Daily News”, un quotidiano locale i cui giornalisti senza una lira si muovono tra alcolismo e disperazione. L’alcol (in particolare il rum) “condisce” tutto il corso della vicenda, dominata da un tema centrale e caro al sottoscritto: quello della funzione e vocazione giornalistica.

Il protagonista fin da subito trova circoscritta la sua libertà di espressione a causa della linea editoriale che il direttore del giornale gli impone: bisogna parlare di quello che la gente vuole sentire (quello che chiamo “mercificazione dell’informazione”), stimolare nel lettore medio l’idea del sogno americano. Paul sente invece nel suo intimo lo spirito del giornalista d’inchiesta: vuole denunciare e portare all’attenzione dei lettori il contrasto insito nella società portoricana, dove a fianco di speculazione e divertimenti ha sede una situazione di estrema povertà e miseria.

L’infatuazione del giornalista per Chenault, interpretata da una stupenda Amber Heard, addolcisce una pellicola a mio avviso eccellente nel proiettare lo spettatore nell’afa di una Puerto Rico pregna dell’odore dei drinks e delle sigarette. A tratti si ha quasi l’impressione di volersi asciugare il sudore dalla fronte.

La parte filosofica del film (che solitamente è la mia preferita) si trova superata metà pellicola e ricorda da vicino il momento finale di “Paura e delirio a Las Vegas”, quando Raoul Duke (sempre interpretato da Johnny Depp), battendo su una macchina da scrivere, commenta il fallimento dell’illusoria cultura dell’acido del periodo di fine anni 60. Il protagonista, sotto l’effetto di una potente droga assunta tramite gli occhi, contemplando delle aragoste in un acquario sembra entrare in comunicazione con loro e ha una sorta di illuminazione:

Questo spiega tutto, non è così? Il mondo… e noi. Mi chiedevo cosa stesse pensando dei nostri mondi così diversi. Mi ha guardato di traverso e mi ha detto “Gli esseri umani sono le uniche creature sulla faccia della terra a credere in un Dio, e gli unici esseri viventi che si comportano come se non esistesse. Perchè il mondo appartiene soltanto a te?” Quando mi ha detto questo sono rimasto attonito. Non per chi me lo diceva, ma perchè finalmente ho capito il collegamento tra i bambini in cerca di cibo e le luccicanti placche di ottone all’ingresso delle banche.

Sono in effetti numerosi gli aspetti similari tra il personaggio di Paul Kemp e quello di Raoul Duke, entrambi infatti evocano a più riprese momenti della vita dello scrittore e aspetti della sua personalità. Questo fatto è rilevato, in un’intervista riguardo Thompson, proprio dall’amico Depp con queste parole:

Quanto al modo in cui ho affrontato il personaggio del suo alter ego Paul Kemp in The Rum Diary (Il libro è stato ispirato dalle esperienze del giornalista a Porto Rico nel 1960), per me Kemp è l’Hunter che sta ancora faticosamente cercando una voce, l’Hunter pre-Gonzo, mentre Raoul Duke è l’Hunter Thompson pienamente maturo.

Di conseguenza l’attore interpreta efficacemente il ruolo del giornalista soprattutto grazie alla sua conoscenza umana e profonda dell’uomo Thompson. Dagli stralci degli articoli scritti da Kemp che il film ci riporta attraverso la sua voce, emerge la genesi di uno stile tutto personale che in seguito verrà nominato giornalismo gonzo. Arrivato negli uffici ormai sgombri del giornale, verso la fine del film, Paul esprime in maniera formidabile lo spirito del reporter con la passione per il suo lavoro:

La sentite? È la puzza dei bastardi… ma è il profumo della verità, l’odore dell’inchiostro.

Concludo con una piccola curiosità: sembra che alla premier newyorkese del film Depp, rispecchiando il protagonista della pellicola, si sia presentato ubriaco, facendosi a tratti sorreggere da un bodyguard.

Photo credit: aceshowbiz.com


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