Articolo scritto il 3 maggio 2013 nella categoria Informazione, Mondo, Politica |
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Thomas Herndon ha un’agenda molto fitta. Lo studente di dottorato in economia all’Università del Massachusetts-Amherst ha in programma un flusso costante di interviste con i media, per discutere del grande impatto raggiunto dal suo saggio che confuta il lavoro dei celebri economisti di Harvard: Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff. Ma la sua mente è a questioni più pressanti: come il suo esame di microeconomia di settimana prossima e le pile di compiti a casa che lo attendono non appena l’attenzione dei giornalisti diminuirà.
Herndon è diventato il simbolo inaspettato dei sostenitori delle misure anti-austerità. Il suo saggio, redatto con la collaborazione dei professori Michael Ash e Robert Pollin della UMass-Amherst, fa saltare il coperchio alla politica economica largamente accettata e propagandata da Reinhart e Rogoff, che è stata al centro del movimento di austerità globale. Quello che era iniziato come un esercizio di replica universitario ha portato alla luce degli errori significativi nei fogli di calcolo utilizzati da Reinhart e Rogoff, che alterano completamente le loro conclusioni sui rapporti debito-PIL, fatto sufficiente a mettere in discussione la validità delle misure che hanno scatenato le recenti proteste in tutto il mondo.
I due economisti hanno risposto all’accusa, ma Herndon nota che “nella loro replica pubblica, ammettono l’errore del foglio di calcolo di Tabella 2 ma dicono, parlando della Tabella 1, che l’errore di calcolo non c’è. Ma in realtà, quegli errori sono presenti in Tabella 1. Questo è problematico”. Herndon racconta, in un’intervista per il notiziario online Quartz, della sua inaspettata celebrità e dell’impatto che spera avrà il suo saggio nel cambiare la politica economica del futuro. Ecco alcuni estratti:
Perché pensi che il tuo saggio abbia così colpito a livello globale?
Ero del tutto impreparato a questo. Non pensavo affatto che il mondo si sarebbe così interessato al mio lavoro di replica econometrica. Ma le politiche di austerità stanno colpendo persone di tutto il mondo. Sono molto controverse e penso che sia positivo ottenere più discussione su questo argomento. Le politiche economiche impattano globalmente in termini di capacità delle persone di avere un lavoro, una casa, del cibo in tavola. E’ il loro aspetto umano che mi ha spinto verso lo studio dell’economia. Cattive politiche economiche invece possono davvero causare un sacco di dolore.
Sei un critico esplicito delle misure di austerità. Come il tuo lavoro supporta la tua opinione?
Penso che l’austerità sia davvero controproducente, a causa delle circostanze storiche in cui siamo. In nessuna parte del documento diciamo che il debito pubblico è sempre un bene. Ma pensiamo che riguardo al debito pubblico bisogna pensare a dei compromessi. Oggi, in cui c’è una massiccia disoccupazione causata dalla recessione e dalla crisi finanziaria, è esattamente il momento in cui ci aspetteremmo che il debito pubblico abbia realmente notevoli effetti positivi e relativamente meno costi. E’ anche il momento in cui, pensiamo, l’austerità possa portare davvero parecchi effetti negativi, insieme a relativamente pochi benefici (se ce ne sono). Le affermazioni di Reinhart e Rogoff dicono, più o meno, che in tutti i tempi e per tutti i paesi, quando il debito di un paese supera il 90% del suo PIL, la crescita rallenta notevolmente. Hanno esaminato due secoli di 20 economie avanzate e, mi sembra di ricordare, 44 mercati emergenti. Questa era la loro pretesa, ma pensiamo sia imprecisa. Abbiamo bisogno di guardare a compromessi riguardo il debito pubblico: credo che se ciò fosse sul serio preso in considerazione, risulterebbe evidente che questo è proprio il momento in cui il debito pubblico potrebbe avere un gran effetto positivo sull’economia.
Se l’assunto fondamentale di Rogoff e Reinhart a supporto delle misure di austerità era viziato, quali alternative avrebbero dovuto essere considerate al suo posto?
Lo stimolo avrebbe dovuto essere maggiore e più costante. Essere più mirato a progetti di infrastrutture, in particolare nella transizione verso un’economia verde. Sta emergendo dalle nostre ricerche (dell’Instituto di Ricerca di Economia Politica di UMass-Amherst) che gli investimenti verdi creano un sacco di posti di lavoro. Il retrofit edilizio, ad esempio, per essere energeticamente efficiente dovrebbe essere fatto negli Stati Uniti, e questo creerebbe un sacco di posti di lavoro. L’accento dovrebbe essere posto su questo tipo di investimenti infrastrutturali mirati, e sul sostenere i bilanci statali e locali. Molti degli stati e dei governi locali non possono prendere denaro in prestito come fa il governo federale. Dovremmo sostenerli in modo da evitare carenze di fondi per le università, e in modo da non dover licenziare poliziotti, insegnanti, vigili del fuoco. Quando i dipendenti del settore pubblico diventano disoccupati, si ha una ricaduta molto negativa sull’economia. Per loro è difficile ottenere un altro lavoro, perché siamo nel mezzo di una recessione. Non sono più in grado di partecipare all’economia. Perderanno le loro case, non potranno più portare a casa il pane. E’ una cosa devastante per un’economia in recessione.
Quindi nella tua visione, aumentare il debito pubblico per il bene comune produrrà effettivamente benefici a lungo termine che contrasteranno l’impatto di un debito più elevato?
Sì, questo è proprio il messaggio. Il rapporto tra il PIL e il debito non può essere la metrica fondante. E’ molto più probabile riuscire sviluppare una via per uscire dal debito. Abbiamo visto spesso ormai che rendere effettivi i piani di austerità è controproducente, perché l’economia si contrae. Così i governi ricevono meno tasse e il debito sale comunque. Il messaggio è che le politiche di austerità aumentano decisamente il carico di debito pubblico.
Credi che se avessimo esaminato più attentamente i dati a sostegno delle misure di austerità mondiali, si sarebbero potute prevenire le relative proteste e difficoltà che abbiamo visto?
Penso tutto ciò avrebbero potuto essere evitato. C’erano già molte critiche all’austerità all’interno della professione. Tuttavia, non sono state prese sul serio come le argomentazioni a sostegno dell’austerità stessa. C’erano valide critiche unite all’esperienza storica che mostravano una lucida analisi dei fatti, prima ancora che il nostro lavoro mostrasse come l’ austerità potesse risultare molto più dannosa e avere pochi, se eventuali, benefici. Tutto questo c’era, ma per un motivo o per l’altro a tali critiche non è stato dato molto peso, rispetto ad esempio agli inviti a tagliare il bilancio pubblico. La mia speranza è che si possa rinnovare il dibattito dando appunto più peso alle critiche che erano già state espresse. Credo che fossero giuste e non sono state ascoltate. Speriamo in una maggior critica di queste politiche, costate così tanto dolore a un gran numero di persone. Spero che bloccando le politiche di austerità si possa davvero iniziare a pensare a modi intelligenti di utilizzare le politiche pubbliche con lo scopo di uscire dalla recessione.
Pensi che sia possibile, arrivati a questo punto, implementare soluzioni alternative all’austerità?
Credo che non sia mai troppo tardi per fare la cosa giusta. Se il sanguinamento di un paziente è cospicuo, arrestarlo è sicuramente una buona cosa. E’ un po’ grezza come metafora, ma ribadisco che non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta. E penso che dovremmo agire in questa direzione.
Qual è la tua opinione sulla smentita di Reinhart e Rogoff, in particolare sul fatto che hanno ammesso alcuni errori nei foglio di calcolo, ma ribadiscono le loro conclusioni?
Questa non è di certo una nostra interpretazione. Abbiamo dimostrato che la correlazione negativa dell’oltre-90% non è statisticamente significativa. Non vedo come possa confermare i loro risultati. Abbiamo sfidato la pretesa che questa soglia (rapporto tra PIL e debito pubblico) del 90% esistesse per tutto il tempo e per tutti i luoghi. Questa è la loro pretesta, aver guardato a due secoli di storia di quasi tutti i paesi esistenti. Ma noi abbiamo dimostrato che la correlazione negativa che esiste – e che non è affatto causale – si riduce più ci si avvicina ai giorni nostri. Se si guarda al periodo dal 2000 al 2009, la crescita dei paesi nella categoria oltre il 90% è stata in realtà superiore alla crescita di quelli nella categoria da 60 % a 90 %. Questo non è per nulla coerente. Un’altra cosa che vorrei sottolineare, e questi sono i punti che ho sollevato in un articolo del mio blog, è che nella loro replica pubblica, ammettono l’errore di foglio di calcolo che era in tabella 2, ma non quelli in Tabella 1. Ma in realtà, tali errori nella Tabella 1 sono presenti! Il che è problematico. Inoltre, sostengono che noi avremmo cercato di dimostrare la loro disonestà: vorrei dire a tutti, categoricamente, che questo non è affatto il messaggio del nostro lavoro. Non abbiamo inserito nel saggio una singola frase che implichi alcuna disonestà. Usiamo le parole selettivo e non convenzionale, ma a fini meramente descrittivi. Potrebbero esserci dei buoni motivi per non usare un metodo convenzionale; tuttavia, queste ragioni non sono state discusse o giustificate. Questo diventa un problema, in quanto rende molto difficile alle persone replicare al lavoro di qualcuno, se i motivi del suo lavoro metodologico non sono giustificati e trasparenti.
Il Dipartimento di Economia di UMass-Amherst è spesso chiamato un “ibrido keynesiano-marxista”. Avete ricevuto delle critiche da ambienti conservatori?
Per la stragrande maggioranza, la risposta è stata molto positiva. Le persone sono state in grado di separare qualsivoglia influenza intellettuale dal fatto che c’era solamente un errore grossolano. Il fatto che abbiamo letto libri davvero affascinanti non ha nulla a che fare con il fatto che Rogoff e Reinhart abbiano fatto un errore. Era un fatto indipendente da noi. C’è davvero un ruolo in economia per i dipartimenti di critica. Il nostro è un buon esempio. Non abbiamo solamente aderito a un reclamo. L’abbiamo investigato. Questa è scienza, giusto? Mi è piaciuta molto l’attenzione globale che il nostro dipartimento ha avuto nella scorsa settimana o giù di lì.
Qual è il tuo prossimo passo?
Vorrei davvero passare il mio ultimo esame di microeconomia che è tra circa una settimana, avendo perso praticamente due settimane solo per le interviste ai media. Penso che andrà bene. Mi piacerebbe finire i miei esercizi e concludere il semestre. Dopo questo quest’anno avrò finito il mio corso e conclusi i miei due esami integrali. Quindi il prossimo passo sarà lavorare al prospetto e alla tesi di laurea. Credo che continuerò su un ramo di questo argomento. Il mio progetto iniziale era per prima cosa quello di replicare il loro studio e successivamente utilizzare alcune delle tecniche statistiche più avanzate per porre sul serio domande circa la causalità, a cui ad oggi non sono state date delle risposte. Non ho potuto arrivare a quel punto perché non riuscivo a replicare il loro lavoro. Ora penso sia il momento opportuno per cominciare a guardare veramente ad alcune di queste domande. Ma, per adesso, sto solo cercando di tenere la testa fuori dall’acqua.
Liberamente tradotto da qz.com
Photo credit: qz.com, telegraph.co.uk
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